Il giullare che parlava cogli orsi.
Il giullare che
parlava cogli orsi
Tratto da F. Berti:
“Cantastorie fra educazione e intrattenimento”
Booklet interno a:
“L’Asino, il leone, la colomba”
Cd/Book. Valter Colle, Udine, 2013
Questo articolo è precedente la chiusura del museo
e il trasferimento del suo materiale in altra sede.
.“Sull’Appennino parmense al confine tra Emilia, Liguria e Toscana c’è un piccolo paese fortificato oggi abitato per lo più durante la bella stagione da turisti residenziali, dal quale si dice che verso la metà del secolo XVI partirono modeste carovane di carri per recarsi fino in Siberia, in Turchia e in Arabia ad acquistare orsi e cammelli, guadagnandosi da vivere dando piccoli spettacoli nelle piazze: facevano ballare gli orsi, saltare le scimmie nel cerchio, davano prova di abilità usando il canto, il suono, la parola. Qualcuno distribuiva santini, stampe popolari, più avanti lunari e in epoca più recente oroscopi, numeri del lotto. Fra questi personaggi ce n’erano alcuni che suonavano contemporaneamente molti strumenti, servendosi di complicati marchingegni. Si racconta, così dicono i libri dell’epoca, che qualcuno a volte vestisse da frate e improvvisasse dei sermoni in piazza, ma che si trattasse per lo più di impostori e in qualche caso ladruncoli da quattro soldi”.
“Non abbiamo informazioni più precise relative a questi veri o presunti chierici, la cui presenza è comunque registrata nelle piazze d’Europa durante la guerra dei trent’anni; sappiamo solo che oggi quelle carovane di vagabondi vengono considerate le antesignane dello spettacolo circense. Secondo un articolo pubblicato su ‘Famiglia Cristiana’ nel maggio 2006, il regista Federico Fellini aveva degli antenati in Val di Taro e aveva in mente proprio quei piccoli circhi viaggianti mentre girava il film La strada, poi diventato un cult-movie per i giovani buskers”.
“Di tutto questo oggi non rimane che un museo a Compiano, il Museo degli Orsanti dove si conservano alcuni oggetti un tempo appartenuti a cantastorie, giullari, domatori di piazza; ma da dove proviene quest’arte? Si ritiene comunemente che sia stata introdotta in Italia dagli zingari verso la metà del XV secolo, ma a quanto pare non è così. Il ballo dell’orso è infatti un tema ricorrente in epoca precedente e non solo in ambito profano o nei festeggiamenti del carnevale, ma anche nelle tradizioni di alcune chiese, non solo cristiane; a più d’un santo è attribuita la domesticazione dell’orso o di altri animali feroci. L’esempio forse più interessante è offerto da un eremo della Valle di Non posto su un alto sperone di roccia in una gola strettissima, dove San Romedio si dice abbia placato nel X secolo l’ira di un orso che aveva divorato il cavallo del proprio diacono. Dopo aver piegato la feroce belva alla propria volontà, egli l’usò come cavalcatura per recarsi in tutti i paesi della valle e portarvi la parola divina”.
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