Babbo Natale ‘Gender Neutral’. Un teatro dell’assurdo
Una società di progettazione grafica incaricata di un sondaggio su come modernizzare la figura di Babbo Natale, svolge qualche anno fa una serie di interviste fra Stati Uniti e Regno Unito formulando alcune domande dal tono più scandalistico che propriamente demoscopico, tra le opzioni farlo vestire in jeans attillati e regalargli un abbonamento ad Amazon Prime per le consegne dei pacchi a costo zero. Poi la domanda più piccante, dato che il tema ‘Gender Neutral’ è in tendenza tanto vale sfruttarlo al meglio: vorresti più bene a un Babbo Natale maschio, femmina o neutro’? Un piccolo numero di intervistati seleziona la terza opzione e scoppia il caso mediatico. In realtà l’azienda non spiega il criterio con cui ha scelto i soggetti da intervistare, né come ha formulato le domande. A togliere ogni dubbio pensa Joseph Earp, giornalista australiano, il quale mette a nudo l’equivoco spiegando che il sondaggio era stato pensato apposta per dare quel risultato, altro che indagine sociologica. L’idea del Babbo Natale ‘gender neutral’ era suggerita agli intervistati dalle stesse opzioni delle risposte, qualunque azienda di sondaggi seria avrebbe fatto in modo di evitare questo tipo di pregiudizio, ma agli autori della pseudo-inchiesta interessava proprio attirare l’attenzione e quindi volevano lo scandalo.
Da un’azienda che produce biglietti da visita non ci si aspetta del resto un sondaggio propriamente ‘scientifico’. Il problema è che se questo fatto di cronaca locale finisce in mano alle persone sbagliate può sollevare un polverone, la questione lievita e si innescano dibattiti surreali. Addirittura si legge qualche tempo dopo di una mamma che a Plymouth viene messa in ridicolo per aver chiamato Santa Claus ‘Father Christmas’, un nome sessualmente connotato che non rispetterebbe la questione di genere. L’aspetto più incredibile della questione è che Santa Claus in realtà sarebbe l’abbreviazione di Saint Nicholaus, ovvero il nome tedesco del nostro San Nicola di Bari, un personaggio diciamolo pure, sessualmente più che connotato. La polemica dilaga e volano parole grosse. Esattamente un anno fa il ‘Secolo d’Italia’ titolava: Babbo Natale col tutù per i fanatici del gender fluid. Dopo il presepe, infieriscono su Santa Claus. L’articolo parla di ideologizzazione per quel Babbo Natale che a Modena si presenta in gonnellino scintillante in nome della libertà di essere e di mostrarsi, citando addirittura uno spot norvegese che avrebbe messo in scena un Babbo omosessuale. Questioni di lana caprina in cui si getta a capofitto la futura Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che prima si unisce alle polemiche ribadendo la fatale priorità politica di un Babbo maschio, salvo poi far girare le foto di lei medesima col cappello di Santa Claus davanti all’albero di Natale.
Un teatro dell’assurdo, partito da un sondaggio falso di un’azienda di terz’ordine e finito praticamente sui banchi del Parlamento, come quella classe politica ora alla guida del paese, che in queste cose sguazza come i bambini nelle pozzanghere. Il bello è che la questione non è affatto partita dalla comunità Lgbt e non ha niente a che vedere con il movimento che rivendica una società ‘Gender Fluid’, ma da tutt’altro ambiente. Le polemiche successive sono state proprio scatenate dalle proteste dei benpensanti, che a loro volta hanno generato reazioni comprensibili da parte di quella comunità costantemente sotto aggressione dall’estremismo sovranista. Il vero scandalo è semmai da ricercarsi in questa subdola creazione di false questioni da scaricare sul capro espiatorio di turno, per distrarre la società dai veri problemi.