Infoterapia. Gli artisti di strada non sono mendicanti
Mestiere e vocazione
Gli artisti di strada non sono mendicanti
APPROFONDIMENTO DEI TEMI
TRATTATI IN QUESTI ARTICOLI:
Gli obblighi fiscali degli artisti a cappello
I cantastorie pagavano le tasse
Finti artisti di strada
Necessità e vocazione
Il cappello non è un mestiere
Alla recente proposta di riflessione sul tema della fiscalità, gli artisti di strada reagiscono negando la natura professionale dell’attività, che non viene da loro concepita come un mestiere ma come un ‘dono’. A questo proposito hanno chiarito la loro posizione, le offerte non solo non devono essere tassate, ma nemmeno ‘accertabili’ in nessun modo. Non si rifiuta cioè soltanto l’imponibilità, ma anche la tracciabilità delle entrate attraverso un’autocertificazione. Questa scelta apre di fatto un dibattito molto più ampio con il pubblico degli artisti stessi, in questo breve articolo le considerazioni d’un gruppo di donne fra i 65 e i 96 anni, residenti in una casa di riposo riunite insieme a parenti e visitatori esterni. Le riunioni sono aperte a chiunque voglia partecipare, ogni venerdì pomeriggio dalle 15 alle 17.
Tratto da Federico Berti
“Gli artisti di strada non sono mendicanti”
L’ARTE DI STRADA E’ UN DONO?
Beppe Maniglia me lo ricordo da sempre anzi mi domando visto che son già vecchia e lui dev’essere a regola non più un fanciullo, come continui a fare questa cosa. Con la sua moto farà un po’ di baccano, qualche negoziante ha detto che la gente non entrava più nei negozi così l’hanno multato, mandato via, adesso al posto suo abbiamo i tamburi o come si chiamano, non mi sembra un cambio intelligente. Ieri artisti di strada non ne ho visti in centro, mendicanti si.
Ci vuole un limite perché in Via Indipendenza non si cammina, poi per carità han diritto di esibirsi ma non puoi metterne cento, a me van tanto bene gli andini con la loro musica che adoro, ma se un bolognese vuol suonare la tradizione conta. Sotto al Pavaglione l’anno scorso ricordo un violinista chiedeva l’elemosina, ho visto gente anche di musica colta, ora non trovo giusto che abbiano cacciato Beppe Maniglia per mettere al suo posto cinque di quelli che suonano tamburi ad altissimo volume.
Una delle domande cui hanno risposto le ospiti della casa di riposo Villa Maia, nel territorio di Monghidoro, è se ritengono che gli artisti di strada siano tutti poveri o comunque vivano per scelta ai margini della società, se ne abbiano fatto una vocazione artistica o una questione di militanza politica, o se tra loro vi sia chi parte da un presupposto di pura e semplice redditività. Se insomma la figura del vagabondo romantico sia ancora attuale, o se non dobbiamo rivedere la nostra posizione a riguardo anche come pubblico.
OSSERVATORIO STREET ART
GLI ARTISTI DI STRADA SON TUTTI POVERI?
Ci può essere un musicista che sceglie di esibirsi per strada invece di andare in teatro perché lo trova più gratificante a contatto col pubblico, c’è invece il mendicante che chiede l’elemosina e ‘in cambio’, o per attirare la gente, ti strimpella una canzone magari stonata o fa un disegnino, quelli che girano senza arte né parte son persone che cercano d’impietosire. Adesso van di moda i cani. Ma csa vu t’al dég, anche ai miei tempi c’era Piazza Marino che aveva il banco e i poveretti che andavano girando sotto le finestre, pure quelli di oggi qualcuno guadagna molto bene per me, deve pagar le ‘tasche’ anche lui.
Insomma questo fatto degli artisti di strada è nato da cose che uno non si poteva permettere dei soldi ma poi è diventata una scusa, voglio dire quelli vanno in giro a cantare, ballare e noi stiamo a chiederci se devono dare qualcosa o no. Poi scoprirli è una gara dura, una vitaccia ma non li obbliga mica nessuno; come quelli che vanno a correre in bicicletta, ne ho visto uno quest’estate che non respirava più dalla fatica e voleva andar lo stesso, un anziano, a’ dég allora crépa, o no? E così penso di uno che sta in mezzo alla strada col freddo e tutto, vallo a sapere perché lo fa.
La terza domanda della nostra intervista riguarda il problema del tracciamento, come possiamo distinguere il poeta romantico dal metodico affarista, su quali basi. Un tema piuttosto delicato ma quanto mai urgente, dato il numero crescente di artisti di strada che non vivono più la piazza come un luogo di sperimentazione, ma semplicemente come un trampolino di lancio per ottenere maggior visibilità, o come una fonte di reddito sommerso.
OSSERVATORIO STREET ART
QUAL’E’ IL LIMITE FRA DONO E MESTIERE?
Bisogna vedere poi se ha un altro lavoro o se non ce l’ha, io la penso alla mia maniera. Non voglio giudicare guardi, ma ci vuole un pochino di coscienza perché non si può fare così a vanvera, certo il fisco dovrebbe prendere da chi ne ha di più, se uno fa l’elemosina non deve dichiararli, però bisogna vedere se sono poveri davvero. Molti hanno il conto in banca e fan così bene la parte del bisognoso che non ha idea, son capaci di zoppicare e lei non si accorge che appena nessuno lo vede è più veloce che mai. Uno si fingeva storpio ma era così bravo, ci rimasi male quando me ne accorsi.
Secondo me l’equivoco nasce dal fatto che a noi sembra di fare l’elemosina a questa gente invece non è vero, c’è una mentalità sbagliata anche da parte nostra e probabilmente le persone che ricevono l’offerta giocano sul fatto che noi pensiamo così, in realtà il limite è molto sottile perciò bisogna cominciare a discernere in questo senso.
A quanto pare non solo nei cantastorie del ‘900, ma anche nel loro pubblico è sempre stata molto chiara la differenza tra l’art pour l’art e la speculazione sul cappello o nei casi più estremi, il racket delle elemosine che ha prodotto. Una vergogna davanti alla quale gli artisti di strada non reagiscono sulla base di un reale attivismo politico e non dimostrano alcuna coscienza o unità di classe, ma si pongono con l’indifferenza omertosa di chi non lo considera un suo problema.
COME DISTINGUI UNO CHE LO FA PER LAVORO?
Mandameli a me, gli faccio la multa. Ero un carabiniere. Chi è del mestiere intanto non s’è alzato una mattina all’improvviso, per dire un diploma del conservatorio, una partita Iva i mendicanti non ce l’hanno, Io che passo do soldi a chi mi sta più simpatico ma un’autorità che vuol controllare può vedere subito se ha un attestato che certifica la sua qualifica, come l’ingegnere che ha un titolo di studio, un esame di stato, così tu suoni, canti e balli perché hai fatto una scuola. Per me se hai un titolo proprio in quel campo non sei più un mendicante ma stai provando a fare il tuo lavoro.
Si capisce pure nel parlare come si pone, se non voglio dei soldi oppure se ne voglio, lì c’è poco da fare è una scelta ma non è possibile che riesca a farlo senza una preparazione, poca o molta ci vuole. Se il documento non lo vuole per non pagare le tasse allora non è in regola, lo si distingue anche da com’è messo, se è bello, l’abbigliamento, il modo di parlare. Vuol dire molto l’atteggiamento, chi lo fa per mestiere ha una dignità sua e sa offrire quel che sta facendo, non importuna, almeno istintivamente mi verrebbe da pensare così, il povero si mette comunque nella posizione di chiedere, l’artista offre e se tu vuoi dai.
Penso a Beppe Maniglia che lui è bravo sicuramente ma di soldini ne ha fatti tanti e non solo lui, ci sono anche persone che lasciano tutto e si mettono a vivere in mezzo a una strada perché vogliono essere libere da ogni vincolo che la società impone. Però se uno guadagna abbastanza da vivere, allora in quel caso è un mestiere, non ti garantisce la pensione, una sicurezza, non puoi fare spese programmabili, è molto aleatorio però sicuramente può aiutare a vivere, allora non si scappa. La gente può anche non fare l’offerta dicono loro, allora la prossima volta sai che novità c’è? Non gli do niente, visto che non ne han bisogno.
In conclusione, nessuno ha mai messo in dubbio il fatto che sulla strada possano esservi due categorie diverse di artisti, da un lato il poveretto, il cieco, lo storpio, il nomade per scelta, il militante, dall’altra il mestierante, il commerciante, il piccolo imprenditore, l’impiegato. Così anche oggi il dualismo impone una presa di coscienza.