Ho seguito con interesse l’attività di Marco Montemagno in questi ultimi anni, apprezzandone la torrenziale ma sistematica metodicità e le provate capacità di affabulazione. Di solito ascolto, prendo nota e passo oltre, ma stavolta mi sento di rispondere a una sua intervista dedicata all’arte di strada.
Gap è giovane cantante pieno di entusiasmo e di energie. Non ha una formazione di strada, come lui stesso spiega viene da una scuola di teatro, mette insieme una band rock e intorno al 2014 si mette a girare il mondo portando un repertorio di canzoni italiane eseguite con microfono ad asta e batteria al litio. La sua non è un’amplificazione da strada, ma lui questo non può saperlo perché è comprensibilmente abituato, come usa tra le nuove generazioni, ad applicare allo spazio urbano le stesse categorie dello spettacolo al chiuso. Addirittura va ancora in giro con l’inverter e il collegamento a morsetti, scomodo e difficile da gestire. Purtroppo l’equivoco è nato molto prima di lui, stiamo parlando proprio di un settore culturale e produttivo diverso da quello dell’arte di strada, soggetto a un’altra normativa. Come lui stesso ha notato in molte città i problemi non mancano, negli ultimi cinque anni i regolamenti sono diventati più restrittivi.
Un’intervista a Roberto Pedroni Street Sax, scomparso prematuramente lo scorso anno, sulla differenza tra arte di strada e spettacolo viaggiante nelle postazioni prenotabili a Milano.
Busking o Spettacolo Viaggiante?
Per la legge italiana, in particolare per il diritto costituzionale alla libera espressione, chiunque sia in possesso di un documento d’identità e voglia dare spettacolo in piazza aggregando intorno a lui un pubblico più o meno numeroso, con o senza tendone, panche, luci, amplificatori, anche solo con una valigia poggiata in terra, può farlo. O meglio, può farlo se non occupa suolo pubblico e se non arreca disturbo o intralcio, in quel caso nessuno verrà a chiedergli di andarsene e nemmeno gli chiederà un permesso. Diverso è quando l’artista ha bisogno di sottrarre al suo normale utilizzo uno spazio pubblico superiore al metro quadrato, in quel caso avrà bisogno di un permesso per il plateatico; come ho più volte spiegato su questo sito, nel momento in cui si viene a creare un assembramento intorno all’artista di strada, chiudendo un cerchio di spettatori, questi per la legge italiana vanno a creare un ‘circo immaginario’, un’arena: non rientra più nel mestiere del suonatore ambulante o del semplice artista di strada, ma viene a ricadere in una forma (se pur minimale) di spettacolo viaggiante. Lo stesso settore del circo. Cambiano le normative.
E’ possibile comportandosi con generosità, umiltà e discrezione, incontrare una certa flessibilità nell’applicazione dei regolamenti, tuttavia questa flessibilità non la si può pretendere per diritto naturale.
L’equivoco si trascina da non meno di trent’anni. Il problema è serio, perché lo spettacolo viaggiante comporta una serie di normative accessorie che possono portare a contraddizioni surreali, alcune delle quali ho più volte descritto in questo libro. Dal semplice permesso del plateatico all’inquinamento acustico, dalla responsabilità per danni a persone o cose alla certificazione dell’equipaggiamento, dal diritto d’autore alla distribuzione di opere dell’ingegno e così via. Molti artisti (non solo i più giovani) queste cose non le sanno e pensano che tutto rientri semplicemente nel diritto alla libera espressione, ma non è così. Come vedremo è possibile comportandosi con generosità, umiltà e discrezione, incontrare una certa flessibilità nell’applicazione dei regolamenti, tuttavia questa flessibilità non la si può pretendere per diritto naturale.
Il ‘Pirata’ Pasolini
Nell’intervista di Marco Montemagno a Gap ho notato un dettaglio che sicuramente non è stato detto con malizia, ma può essere frainteso da chi non conosce l’argomento e quindi è bene chiarirlo: quando l’artista dice che il nostro è un ‘mestiere pirata’, riprende forse inconsapevolmente una definizione partita proprio da questo sito negli anni in cui lui stesso ha preso la strada. ‘Pirata’ è esattamente quello che scrivevo nel mio libro quando è uscito nella prima edizione del 2015, ma non pensavo all’idea del fuorilegge antisociale, mi riferivo piuttosto allo spirito degli Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini, vale a dire che un artista di strada può difendere la propria indipendenza sia sul piano intellettuale che su quello materiale: se non sconfina nel settore produttivo dello spettacolo viaggiante e quindi come abbiamo detto sopra non occupa suolo pubblico, non arreca disturbo o intralcio e tutto il resto, allora può capitargli, tanto per fare un esempio, di poter suonare dov’è proibito. Il vicinato lo accoglie, il vigile chiude un occhio: in questo senso allegorico e metaforico nel libro ho parlato di ‘pirati’.
Il diritto alla libera espressione consente di fare spettacolo in strada senza permesso esclusivamente in condizioni molto particolari, vale a dire quando non occupi suolo pubblico e non rechi intralcio o disturbo alla quiete
Vuoi la diretta, vuoi l’emozione, chi lo ascolta dall’altra parte dello schermo potrebbe avere l’impressione che il messaggio sia un altro. “Noi andiamo avanti lo stesso” dice, “Anche se ci vogliono mandare via, anche se ci proibiscono di farlo, noi non ci fermiamo”. Detto così può suonare ambiguo, sembra quasi uno sfrontato e autarchico ‘me ne frego’. La sfumatura è sottile, ma va chiarita: quando sei ospite e svolgi di fatto un’attività che rientrerebbe nel settore dello spettacolo viaggiante, ma riesci a ottenere qualche deroga temporanea grazie alla tua intelligenza, alla simpatia e all’affetto di cui sai circondarti, non devi mai dimenticare la condizione di partenza, ovvero che non sei a casa tua e dunque nulla ti è dovuto. Come avevamo detto in esordio di questo articolo infatti, il diritto alla libera espressione consente di fare spettacolo in strada senza permesso esclusivamente in condizioni molto particolari, vale a dire quando non occupi suolo pubblico e non rechi intralcio o disturbo alla quiete: se decade anche uno solo di questi termini, allora cade anche la deroga temporanea e l’autogestione informale non è più possibile.
Suonare ‘nello spot’
Quando entri in conflitto con qualcuno pur senza volerlo, anche uno solo, il più antipatico del quartiere, se non hai un permesso è meglio andartene subito perché sicuramente prima o poi qualcuno chiederà l’intervento del vigile. E’ bene chiarirlo anche per sollevare l’intervistato da possibili accuse di incitamento all’illegalità, che potrebbe comportare dei problemi sia per lui, sia per il video stesso nel caso in cui qualcuno avesse la sciagurata idea di segnalarlo. No, il senso del sentirsi ‘pirati’ è un altro. Vuol dire che se qualcuno ci allontana da una piazza, riproveremo in un’altra, e poi in un’altra ancora, per mantenere sempre quel rapporto diretto col cittadino, che una postazione a pagamento non permette. Infatti, il problema degli spot a pagamento che Marco Montemagno ha visto a Brighton è che quando ti assegnano un posto devi rimanere lì anche se stai disturbando il vicinato e questo a volte può renderti molto difficile lavorare pur avendo l’autorizzazione per farlo. Se invece puoi andartene quando vuoi e riprovare cento metri più in là, ogni tensione svanisce e hai l’opportunità di creare intorno a te un clima più disteso. Dire che questo è un mestiere ‘pirata’ vuol dire semplicemente che preferiamo l’autogestione informale all’istituzionalizzazione.
Le ‘risse’ di strada
Un artista di strada non risponde mai aggressivamente, nemmeno con violenza simulata, né dovrebbe assumere comportamenti che possano mettere a rischio sé stesso o il suo pubblico, non è rissoso né arrogante, non alza la voce, insomma non entra mai in conflitto con nessuno.
Rispondere ‘A brutto muso’
C’è un altro punto dell’intervista in cui ho avuto la sensazione che qualcuno possa fraintendere: quando l’artista parla dell’ubriacone o del mentecatto che si avvicina e interrompe lo spettacolo, disturba, molesta il pubblico e così via. In quel caso, Gap spiega che l’esperienza gli ha insegnato a rispondere ‘a muso duro’, che al pubblico piace assistere al dramma sociale, addirittura usa impropriamente la parole ‘rissa’, sempre in senso metaforico. Detta così un ascoltatore potrebbe pensare che la migliore soluzione in questi casi possa essere quella di reagire con aggressività. Sono sicuro che il nostro amico intendesse più qualcosa come rispondere con ‘fermezza’, mantenendo la calma, senza alzare la voce e senza entrare in conflitto con nessuno assumendo comportamenti che, se sfociassero davvero in una rissa, metterebbero a rischio la sicurezza e l’ordine pubblico. Ci tengo a chiarirlo, prima che qualcuno possa interpretare la risposta dell’intervistato come un’incitazione all’illegalità e ancora una volta segnalare il video.
Questi sono solo alcuni dei punti che mi è sembrato opportuno chiarire nel video dell’intervista all’uomo orchestra nel salotto virtuale di Marco Montemagno. E’ per questo motivo che mi sento di rispondere chiedendo una rettifica, o quanto meno una menzione delle considerazioni qui esposte, possibilmente con link diretto all’articolo in modo che si possa approfondire. Mi rendo conto che il giovane Gap non ha parlato con malizia e mi sembra doveroso chiarire quelli che potrebbero diventare punti controversi, oggetto di malinteso a suo danno. Non siamo pirati, non siamo violenti. Auguro buona strada con tutto il cuore a questo giovane idealista.