La sindrome della Sindone
La sindrome
della Sindone
Son partiti dritti,
son tornati peggio
Ma senti per me qui c’è un busco guadagnan la gente che fanno il santino di San Gennaro, queste donnucce van giù co’ un pulmon e si pigliano cento santini a mille lire l’uno so’ centomila lire. Quelli che vanno a Lourdes gli fanno fare il bagno, ma pensi l’acqua è la stessa che ha fatto la grazia? Son partiti dritti son tornati peggio. Anche se ti metton nel colombaro come io ci ho messo il mio marito, quando poi è passato dieci anni van dentro la cassettina di marmo sicché il sangue non c’è più, non c’è rimasto che gli ossi e basta, come si fa a credere codeste cose? Ognuno poi c’ha il su’ parere, mica tutti ci s’ha il solito. Noi s’andava a processione colle reliquie sul baldacchino, il prete coi ragazzi poi la Compagnia. La Sindone non lo so dice l’hanno lavata cento volte si vede ancora, non va via. Non lo so perché non l’ho visto. Il chiodo della croce lo possono aver trovato, magari si può arrugginire ma non muore mica, certo non si può sapere se è proprio quello della croce, le lacrime però si seccano è un’altra cosa. Ai miracoli ci credo si, si ho detto si… Ancora si? Ci sono anche le acque che guariscono quelle bòne, raffinate. L’avevamo a casa nostra fatta in quel modo lì, diceva il dottore l’acqua di quel fontino di San Pancrazio veniva dalle montagne pura e fresca, ogni mangiare che si fa la vanno a pigliare con i fiaschi. E’ tanto fresca che spacca i bicchieri. Qua non lo so ma son cose dei santi non si mettono in piazza, chi le sa non le dice. Chi le dice non le sa. Ora piangon tutte le madonne per me ci sarà il trucco, san fare di tutto; scusa ma quando si mòre ci si disfan tutti, pian piano va via la carne, l’acqua insomma, vanno via dal corpo. Anche le lacrime, si perde tutto, rimane gli ossi e basta. Se mi dicono che han trovato gli ossi di Gesù Cristo allora ci credo. Però le processioni eran belle, tutte le strade fiorite i bambini che facevano i disegni in terra col carboncino, la chiesa, un cuore o quel che era; noi s’andava a pigliare i fiordalisi nei campi di grano e i contadini ci tiravan dietro le sassate non volevano, poi si mettevan le coperte alla finestra, una festa grande colle campane che suonavano metteva allegria. Mia mamma aveva paura il velo prendesse fuoco per le candele. C’era le ossa del santo nell’urna sotto l’altare, mi dissero se l’aprivo andava tutto in polvere, sarà cent’anni che stan lì dentro. Eran belle quelle feste, la vigilia i contadini facevano il fuoco, le campane suonavano, sta’ zitto non mi far ricordare. Si è vero anche noi, i petali di quei fiori come si chiama, s’andava coi canestri mi ricordo ero un bambinetto.
Per me son tutte cose che fanno guadagnare, son sempre stata non so se ci credo o no; però sono andata a vedere la Sindone, piacere piace perché son tutte cose messe bene, c’è una scalinata si va su e poi molti altari che oltre a essere belli è una cosa impossibile a tenersi così, tanta gente ci va ma proprio tanta, fra tutti non lo so com’è secondo me in pochi ci credevano. Il vescovo di Torino dice non è importante l’oggetto, ma la fede con cui lo vai a vedere. Adesso ti voglio raccontare una storia vera, è successa a me. Senti bene davo aiuto ai malati, ero a Lourdes e mi venne un infarto davanti alla statua della Madonna, la notte arrivò un dottore non fece nemmeno l’elettrocardiogramma, pensava fosse un dolore intercostale mi diede una pastiglia per la pressione. Ho avuto il male cinque giorni e continuai a lavorare, poi la sera prima di partire dissi: un bagno lo voglio fare, chissà se potrò tornarci ancora. La mia collega rispose è un desiderio tuo vai pure. Così andai, mi fecero passare avanti agli altri che ero dei volontari colla divisa, tu lo sai l’acqua è freddissima con quello che avevo ho rischiato di morire. Cosa vuoi mai? In quel momento che stavo male, ho trovato l’acqua tiepida. Lo dissi alla mia amica, lei rimase un po’ sospesa. Anche il lenzuolo in cui ci avvolgono uscendo era caldo. E’ la pura verità. Tutti l’hanno sentita fredda, io che stavo in quel modo potevo rimanerci secca. Tornai a casa all’ospedale di Firenze non mi lasciarono andar via, il dottore mi disse tu vai aiutare i malati poi stai peggio di loro. Per me insomma è tutto vero posson dire quel che vogliono. Non lo so che pensare. Ognuno ha le sue convinzioni, anche l’amica mia è stata dice che c’è l’acqua più fredda e quella più calda. Ho la fede ovunque vada e dappertutto, non ho altro da dire. E’ superfluo.
Federico Berti è artista di strada dal 1994. Pubblica la sua musica, promuove spartiti musicali per conto delle edizioni Italvox di Bologna, scrive romanzi, poesie, articoli che puoi leggere in parte su questo sito. Conduce dal 2007 laboratori di scrittura collettiva con persone molto anziane.
Tratto dal libro di Federico Berti
Gli anziani raccontano,
in memoria del presente
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