Un albergo a mille stelle. Memorie d’un saltimbanco. Artisti di strada Ep.12
Un albergo
a mille stelle
Frammento XII
Commento musicale
J. Garland, “Somewhere over the rainbow”
FAI PARTIRE LA MUSICA
LA MERAVIGLIA
DURA TRE GIORNI
Persino un demonio come il vecchio Caronte dopo un po’ che gli vivi accanto non fa paura anzi lo vedi stanco, infermo, scorbutico. Tossisce a metterlo in moto e sussulta quando si spegne, ogni tanto vai a ripescarlo in osteria che si sperpera il tuo denaro, allora lo porti a casa in carriola ubriaco e lo metti a letto; perde i pezzi per la strada il vegliardo. Come ai giganti delle favole cascano le braccia, si rompono le gambe, la testa rotola giù dal camino: “Butto?” e butta! Mi tocca raccoglierlo colle pinzette per le ciglia. Il meccanico lo guarda con un misto di pietà e tenerezza, poi battendomi una mano sulla spalla, rassegnato sospira: “Lasciamelo qualche giorno, vediamo che si può fare”. Caronte non è cattivo, è solo. Un povero diavolo. Tutta l’eternità a traghettare dei poveracci sopra un fiume incandescente, senza dire una parola mai con nessuno, vorrei vedere te al suo posto! La solitudine uccide anche i morti. Sei nelle mani d’un vecchio alcolizzato alla corte di Mefistofele, bell’affare. Buon viaggio!
L’officina del meccanico prima di cena chiude, il Prato della Valle è deserto; dall’altro lato della strada una lucciola balla il tango del freddo. Monto la scrivania sollevando la tavola del letto, metto su un po’ di musica e tiro fuori gli appunti; niente da fare, il silenzio mi rimbomba nel cervello come tuoni e fulmini, come le campane di Notre Dame. Un buon diavolo Caronte, ma anche un pessimo compagno di viaggio… Non lo vedi non lo senti, come non ci fosse! Qui dentro mi s’annebbia la vista, salto le righe mentre leggo, torno indietro dieci volte nella stessa pagina. Inutile remare contro vento: mi vesto, prendo con me gli appunti, spengo la stufa, esco. Attraverso il prato, cerco un’osteria.
IL CARROZZONE
NON E’ UNA CASA
La verità è che non riesco a concentrarmi se non sento delle voci intorno. Sempre stato così, non leggo mai a casa le parole del libro mi rimbalzano dentro con quelle delle persone che ho intorno. Il dado è tratto? “Stasera alle otto!”. Parigi val bene una messa? “E carica quella briscola perdio!”. La legge di Copernico? “Un caffè macchiato, grazie”. Così non perdi il contatto con la realtà. Perché il rischio di chi legge molto è isolarsi dal mondo. Ora capisco perché lui, Caronte il barcaiolo di ferro, non parla volentieri… Non vuole darmi corda! Hai una vita là fuori, sei qui per viverla. Mi taccio perché tu possa sentirti un po’ più solo.
Ha ragione, quel povero diavolo. Il carrozzone s’apre e chiude su dimensioni parallele, può portarti dove vuoi fra gli anelli del labirinto se glie lo chiedi, gli puoi chiedere di andare anche all’altro mondo se vuoi, ma quello che si vede da fuori non sarà mai come tu lo vedi da dentro. Finché quella porta è chiusa non hai anima, non hai corpo: quel vecchio dèmone catarroso e taciturno, sei poi tu. Appena apri quella porta lui scompare, la luce stessa ti modella. L’uomo che hai raccolto ubriaco l’altra sera, quell’uomo eri tu. Bello spettacolo hai dato dell’arte! Il carrozzone è un fungo, una candela, un fiasco di vino, un carro armato, un cavallo alato, una gorgone strisciante, un drago a cento teste, è come tu lo vuoi. Ma non è una casa. Non puoi rinchiuderti in quella scatola magica, la realtà è fuori: sei l’ospite a sorpresa d’un albergo a mille stelle… Cosa vuoi di più? C’è il servizio delle pulizie, puoi scegliere il bagno, la cucina, la libreria, tutto è componibile puoi smontarlo e rimontarlo come ti pare dove vuoi quando vuoi. Solo una cosa non possiamo fare a meno, il senso della realtà: confrontandoti con le persone che incontri puoi dare un senso al viaggio, ricostruire l’identità esplosa di quel che eri, sulle macerie ancora fumanti in cui è già nato quello che sarai. Leggere? Al bar, che domande.