La Parthenope di Sorrentino

La Parthenope di Paolo Sorrentino. Dettaglio della locandina

La Parthenope di Sorrentino

Napoli tra mito e realtà

Note di Federico Berti

La Parthenope di Paolo Sorrentino presentata alla 77ª edizione del Festival di Cannes, pur ispirandosi al personaggio storico/mitologico della regina greca o della sirena pre-ellenica, è ambientato in realtà nel presente. Protagonista una donna che interagisce con una serie di personaggi del tutto estranei al racconto mitico: suo fratello, un’agente del cinema, un vescovo, uno scrittore con dipendenze varie, nulla insomma che possa far pensare alla mitica sirena o alla regina greca. Sullo scenario napoletano del secondo dopoguerra l’autore passa attraverso la contestazione del ’68, il colera del ’73, il terremoto dell’81, con una riflessione profonda (secondo alcuni inutilmente astratta) su temi come l’ipocrisia, il rapporto fra sacro e profano, la questione identitaria. Non è un cinema d’intrattenimento, ma un cinema di poesia.

Il film non è stato da tutti ben accolto nonostante i dieci minuti di applausi a Cannes e nonostante la A24, una delle case di produzione più influenti rispetto al mercato, lo abbia preso in distribuzione prima ancora del festival. Lo stesso Sorrentino la considera un’opera molto personale e decisamente atipica rispetto alla sua consueta produzione, con una stratificazione semantica chiara ma per qualcuno inconsistente. Del personaggio storico o mitologico di Parthenope non viene detto molto, se non un vago richiamo alla leggenda che la assimila al territorio stesso di Napoli, più che altro alla fontana per molto tempo ritenuta una rappresentazione della Sirena e poi scopertasi un’allegoria del Nilo. La donna in realtà sembra più un espediente per raccontare, attraverso di lei, le diverse figure che incontra e con cui interagisce, la comunità stessa che riflette sul proprio mito eponimo.

Un eponimo di cui però Sorrentino non dice molto, e che sembra limitarsi ad accoglierne la natura acquatica senza esplorarne quella di donna uccello, o della regina venuta da un paese lontano. Vi è tuttavia un elemento che non si può passare sotto silenzio ed è quell’idea della città che pone le proprie stesse radici nel principio dell’accoglienza, della contaminazione, dell’incontro e del sincretismo: come sappiamo dalla documentazione storica e archeologica, furono proprio i dissidenti dei coloni greci di Cuma a fuggire dalla città madre per creare un nuovo insediamento, Parthenope per l’appunto, nel quale i popoli indigeni, stanziati in precedenza intorno al Golfo, non fossero considerati solo dei barbari, ma potessero partecipare alla vita culturale, economica e politica della nuova città. Neapolis nasce proprio su questa idea di identità aperta che fa dell’incontro il suo punto di forza. In questo il messaggio di Sorrentino sarebbe quanto mai apprezzabile, soprattutto in dissonanza con l’incitamento all’odio etnico di cui governi revanscisti, sovranisti e subdolamente razzisti, si stano facendo portavoce da qualche anno. In questo la Parthenope di Sorrentino decisamente convince.

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