Giovanna Pedretti riposi in pace. La luna, non il dito
La verità è un falso problema
Guardiamo la luna, non il dito che la indica
Articolo di Federico Berti
Vorrei integrare l’intervento di Andrea Scanzi intorno al tragico caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice accusata dai giornali (non dall’antitrust) di aver falsificato una recensione del proprio ristorante in cui prendeva posizione a favore della comunità LGBT e dei disabili. In modo particolare Selvaggia Lucarelli e il suo compagno, che hanno speso tempo ed energie a speculare sui caratteri e sull’aspetto grafico del post da lei divulgato, senza porsi il problema se il contenuto di quel gesto fosse reale o meno, se cioè vi sia realmente una discriminazione di gay e disabili nei ristoranti e nei locali pubblici. Si guarda cioè il dito e non la luna che questo indica.
Se partiamo dal presupposto che si debba ancora dimostrare l’eventuale falsificazione della recensione, e che fino ad allora stiamo parlando solo di supposizioni e illazioni del tutto personali, ma che nel nome di queste ultime si è messa in dubbio la credibilità di una persona (e dunque dell’impresa che questa rappresenta), allora siamo di fronte a una gogna mediatica del tutto diffamatoria. Ma non è la verità del post su cui dovremmo riflettere in questo caso, bensì la verità del suo contenuto. In questo breve video, una rassegna stampa con qualche caso salito a dignità di dibattito mediatico, in cui si parla con ogni evidenza di persecuzione e discriminazione di omosessuali nei locali pubblici negli ultimi anni.
Vorrei lasciarmi andare a una considerazione più strettamente giuridica e legale. Il diritto all’informazione non comporta un diritto alla diffamazione. Se il giornalista ritiene che una recensione su una qualsiasi piattaforma online sia falsa, può segnalare questa recensione chiedendo ai gestori della piattaforma di verificarne l’autenticità, o in alternativa rivolgersi all’antitrust perché svolga questo compito. Può eventualmente supportare la sua richiesta con dati concreti , osservazioni e inchieste, ma non dovrebbe pubblicare queste ultime fino a quando la falsificazione non venga accertata. Per la legge italiana infatti, si è innocenti fino a prova contraria, cioè fino al terzo grado di giudizio. L’attacco di Selvaggia Lucarelli è stato dunque un attacco alla legge italiana, prima che all’imprenditrice lodigiana: come sempre più spesso accade, si è svolto un processo direttamente nell’arena mediatica, scavalcando la giustizia.
Di fronte a un caso tanto tragico come quello di Giovanna Pedretti, per la legge italiana i familiari potrebbero rivalersi sui media che l’hanno diffamata, indipendentemente dal fatto che possano sussistere dei collegamenti fra questa diffamazione e il suicidio della donna. La figlia in quanto erede può chiedere un’indagine e un dibattimento processuale per questa evidente diffamazione. E sia chiaro, che anche qualora un domani fosse accertata una falsificazione della tanto vituperata recensione, resterebbe il fatto che l’accusa sui giornali arrivò prima di quella dimostrazione e dunque fu diffamatoria in ogni caso, poiché quando venne pubblicata non sussistevano le condizioni giuridiche per muovere una tale accusa.