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One man band. Come ho iniziato a suonar ballando.


Così ero nel 2007. Questa batteria portativa è un esempio di come non consiglierei mai di costruire un prototipo. L’uomo orchestra è sempre in divenire.

La Iezione di Annibale Barbieri

Tratto da F. Berti,
Cantastorie fra
educazione e intrattenimento
in: “L’asino, il leone, la colomba“,
Udine, Nota/Italvox, 2011

Annibale Barbieri, storico suonatore della Valle del Savena noto agli abitanti della montagna per la sua enorme generosità, per  il suo carattere schietto ed estroverso, per la sua abilità nell’ accompagnare i balli staccati alla chitarra, ma anche per l’eccezionale capacità di riparare (o costruire) qualsiasi strumento musicale. Nel suo laboratorio situato in una località sperduta su Monte Venere, Annibale aveva raccolto vecchie attrezzature dismesse dalle fabbriche: un tornio professionale, una sega di precisione, un trapano verticale, un saldatore e ogni sorta di rottami che sapeva impiegare per qualsiasi evenienza. Gli venne proposta un’idea (inizialmente molto vaga) per ricavare una tacabanda usando come cassa acustica una vecchia tanica di benzina in metallo, abbandonata dagli americani durante il passaggio del fronte nell’ultima guerra: l’idea era ispirata a un utilizzo analogo del medesimo oggetto che negli anni ’50 era stato fatto dagli stessi montanari per costruire delle rudimentali chitarre, una pratica oggi ricordata nella Mazurca del Petrolio, tuttora nel repertorio delle veglie in montagna. Qui sopra si può ascoltare la chitarra di Annibale.

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Sulle prime Annibale si mostrò riluttante, poi accettò perché non gli era stato richiesto semplicemente di costruire l’oggetto ma di mostrare sia le tecniche, sia i procedimenti mentali da lui usati nella fase di progettazione: “Io voglio capire che ti succede nella testa quando inventi queste cose”. Il lavoro non si svolse in modo lineare, tante volte ci s’incontrava anche solo per suonare insieme un valzer o una polca davanti al camino (lui amava molto eseguire le arie da ballo al mandolino) e tra una suonata e l’altra, ragionare insieme su come saldare le parti di ferro arrugginito, su come fissare il meccanismo percussivo al corpo metallico o montare la molla per il ritorno, su come ottimizzare  la sonorità della cassa o rinforzarne la struttura affinché non si sfondasse a forza di usarla.

Per ragioni di tempo le visite dovevano essere spesso improvvise e non sempre Annibale poteva dedicarsi alla lavorazione perché già impegnato nella riparazione di un tostapane, nella costruzione di un cavalletto per il fucile o di nuovi telai per le arnie delle sue api, o ancora nel faticoso lavoro di smielatura. Per completare l’opera ci vollero in tutto circa sei mesi ma i tempi effettivi si ridussero a quattro o cinque giorni, non di più: il resto del tempo venne occupato nell’apicoltura o in altri lavori. Insieme ad Annibale vennero costruiti due prototipi la cui funzione era spettacolare più che musicale, nella prospettiva di sviluppare (con quello che si aveva a disposizione) una tecnica adeguata per suonare in futuro strumenti veri, cosa che richiedeva non solo un preciso coordinamento motorio ma anche un insieme di azioni che fossero il più possibile semplici da eseguire e non troppo faticose, dato che il lavoro all’aperto si protraeva per molte ore in condizioni climatiche proibitive, dai 40° all’ombra ai 15° sotto zero. In altre parole, il solo modo per eseguire tanti movimenti insieme senza cadere o farsi male era di ‘ballarci sopra’.(Continua a leggere…)


Tratto da F. Berti,
Cantastorie fra educazione e intrattenimento,
Booklet interno a
“L’asino, il leone, la colomba”,
Udine, Nota/Italvox, 2011


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