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Emerson e Nietszche, dal pensiero positivo al superuomo.

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Il cosiddetto Nuovo Pensiero, sviluppatosi nella prima metà dell’Ottocento ed evolutosi nell’universo dottrinario della New Age contemporanea, ha avuto i suoi aspetti positivi e le sue criticità nello sviluppo della conoscenza e della cultura. Passato attraverso il trascendentalismo e il pragmatismo ottocentesco, nell’opera di autori come Waldo Emerson e Phineas Quimby, ha ispirato le teorie di Nietzsche intorno al superamento dell’uomo, all’individualismo e al culto della volontà di potenza che saranno alla base della violenza fascista e nazista.

William James assunse una posizione molto critica nei confronti del Nuovo pensiero, sostenendo che le figure di riferimento manifestino una convinzione puramente intuitiva nel potere della mente e nella potenza creatrice del coraggio, della speranza, della fede, accompagnata naturalmente dal rifiuto del dubbio, della paura, della preoccupazione. Per conseguire nel concreto la capacità di porsi alla guida del proprio pensiero, raccomanda pratiche di concentrazione, meditazione, autocontrollo, quello che viene chiamato il ‘silenzio’ interiore.

John Noble sostiene che il New Thought abbia portato a una cultura di colpevolizzazione delle persone che affrontano difficoltà e problemi nella vita, anziché fornire loro supporto e risorse per superarli. Egli evidenzia che questa filosofia può essere pericolosa, poiché può indurre a credere che la malattia o la povertà siano il risultato del loro pensiero negativo o della loro stessa mancanza di fede, senza considerare le condizioni reali della loro vita. La sua disamina sulla psicologia del pensiero positivo è stata quanto mai visionaria e profetica, se pensiamo alle evoluzioni più recenti dell’antiscientismo

Barbara Ehrenreich si sofferma proprio su questa prospettiva ideologica e sull’effetto devastante ch eritiene abbia avuto sulla cultura del lavoro negli Stati Unit, portando alla promozione di un culto del suc-cesso personale esasperato, a discapito della cooperazione e della solidarietà sociale.

La meditazione intesa come uno strumento di realizzazione pragmatica, dunque economica, politica, religiosa, non solo spirituale, è un’ossessione presente nel capitalismo americano fin dall’epoca di Emerson e Quimby, le cui pretese intorno alla affermazione del proprio sé, al superamento del limite, alla colpevolizzazione dell’insuccesso, alla centralità del pensiero positivo, si diffonderanno in Europa attraverso le prime società teosofiche influenzando la teoria del superuomo in Friederich Nietsche e attraverso quella (se pure indirettamente) il delirio di onnipotenza nazifascista, ricongiungendosi con la politica del neoliberismo esasperato su cui si fonda l’economia nell’epoca dell’egemonia digitale. Se bene dunque non vi sia una relazione diretta fra l’ambiente culturale e intellettuale del pensiero positivo americano e il narcisismo patologico del nazifascismo, vi è tuttavia una continuità nell’evoluzione della teoria che vede nel culto della potenza, dell’individualismo esasperato, una linea ideale che da Emerson passa attraverso Nietzsche e trova in Evola uno dei suoi più ardenti prosecutori. Le preoccupazioni di Noble, James e della Ehrenreich dunque, erano tutt’altro che infondate.

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