Il santuario Yoruba di Abeokuta e le Tombe delle Amazzoni.

Copertina del libro
Federico Berti, La roccia di Olumo. Libro/Audiolibro

Il santuario Yoruba di Olumo Rock
e le Tombe delle Amazzoni
nel mito greco

Articolo di Federico Berti

Il santuario Yoruba di Abeokuta è diventato negli ultimi anni un’attrazione turistica, con tanto di ascensore per salire ai ‘piani alti’. Osservandolo con più attenzione è evidente la sua origine precedente l’epopea romantica degli Egba e la nascita della città fondata dai profughi e dai liberti nella prima metà dell’800, dove ho ambientato l’omonimo atto unico dal titolo La Roccia di Olumo. La disposizione dei grandi massi che troviamo sul sito che sovrasta la città come non è casuale, ma segue una logica che non rimanda solo a un’esigenza di fortificazione e del resto sappiamo che in vetta all’altura si trova un antico santuario Yoruba, un tempio dell’oracolo Ifa. Per l’aspetto che presenta, per la collocazione delle pietre e per le loro dimensioni, Olumo Rock ha tutta l’aria di essere stato a lungo frequentato ben prima dell’800, somiglia piuttosto a un santuario preistorico, simile ad altri luoghi riscoperti in varie parti dell’Africa. La conformazione lascia pensare alla descrizione che gli intellettuali greci trasmisero ai loro contemporanei di luoghi favolosi, che non avevano mai visto con i propri occhi, ma di cui i popoli da loro ascoltati riferivano l’esistenza. Le chiamavano allora ‘Tombe delle Amazzoni‘, descritte come giganti complessi templari che secondo Strabone dovevano risalire alle gesta di Mirina e della sua guerra contro le Gorgoni al servizio di Atlante, mitico re dell’Africa Nordoccidentale. Nella squisita indeterminatezza del tempo mitico, queste tombe erano state erette fra quel che noi oggi chiamiamo Neolitico e quella che per noi è l’Età del Bronzo. Nessun collegamento diretto fra le testimonianze dei classici e questi siti d’interesse archeologico e turistico, l’aspetto di Olumo Rock e come vedremo di altri luoghi simili in Africa, sembra tuttavia presentare alcune delle caratteristiche tipiche dei templi megalitici. L’intervento umano ne ha senza dubbio modificato l’aspetto attraverso i secoli, ma alcune delle grandi rocce incastellate a Olumo Rock sembrano trovarsi in una posizione ‘innaturale’, che non possiamo attribuire solo a una fortificazione ottocentesca da parte dei profughi Egba. Jaume Portulas riporta una descrizione della tomba della mitica Mirina nell’Iliade di Omero, un testo che proviene da tradizioni orali del mediterraneo che hanno circolato verbalmente per cinque secoli prima di essere ‘raccolte’ per iscritto nell’VIII secolo a.C. Mirina si riteneva fosse sepolta in una regione che si trova nell’attuale Turchia, in un grande tumulo.

“Sorge, alla città di rimpetto, una collina scoscesa,
in disparte sulla pianura, tutta intorno aggirabile,
alla quale gli uomini danno il nome di Batiea,
mentre gli immortali la dicono tomba dell’agilissima Mirina”.

Jaume Portulas, op. cit

Secondo Omero, nella pianura di Troia, ai tempi della celebre Guerra, erano ancora visibili antiche rovine, considerate vestigia di un mondo più arcaico. Il mitico personaggio di Mirina è lo stesso citato da Strabone, quella combattente dopo aver sconfitto le Gorgoni eresse loro tre grandi tumuli in Africa. Affermazione da prendere con le dovute cautele, che testimonia se non altro la convinzione, da parte di personalità rilevanti nel mondo culturale della Grecia classica, che vi fossero tracce in Africa di sepolture a tumulo lasciate lì da popolazioni di origine indoeuropea, le quali dovevano aver frequentato il luogo molto prima della guerra di Troia. Visione compatibile con la teoria del Sahara verde, cui abbiamo accennato nel saggio introduttivo al poema, secondo cui il Nord Africa avrebbe attraversato un periodo climatico favorevole tra la fine del Neolitico e l’Età del Bronzo, durante il quale in luogo del Sahara dovevano sorgere zone di savana fertile solcate da fiumi e bagnate dai laghi. Non essendovi la barriera fisica del deserto, l’idea di uno scambio non occasionale tra popolazioni euroasiatiche e africane in quella regione che va dal Sahel al bacino del Nilo, è tutt’altro che inverosimile. Secondo il padre del diffusionismo Leo Frobenius le culture del neolitico nell’Africa Settentrionale non influenzarono soltanto i Greci, ma anche molti altri popoli europei. Lo studioso berlinese ipotizza una continuità culturale in un tempo arcaico tra popoli apparentemente distanti, come Etruschi e Yoruba.

In conclusione, diremo che la conformazione del sito di Olumo Rock non sembra compatibile con l’idea di un’improvvisa frequentazione del posto a partire dal 1800, con la migrazione degli Egba dalla foresta di Ibadan. Sembra piuttosto un sito frequentato da molto tempo prima, che ospita un santuario Yoruba e nel quale si trovano pietre megalitiche, coppelle scavate nella roccia, segni coerenti con l’ipotesi di un luogo di culto assai più antico del XVII secolo.


Frobenius, Leo, Storia della civiltà africanaEinaudi, Torino,1950

Portulas Jaime, Le tombe del vecchio Esiete e dell’agilissima Mirina (Il., II, 791‑794; 811‑814), in ‘Gaia’, 24/2021

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