Rassegna stampa. Cina, perché la questione uigure è tanto complessa.
Francesco Moscatelli, ‘La Stampa’ 7 Luglio 2009, Chi sono gli Uiguri dello Xinjiang? L’altro Tibet di Pechino.
La regione autonoma dello Xinjang, grande cinque volte l’Italia, ricca di petrolio e gas naturale, ha visto svilupparsi movimenti nazionalistici e indipendentisti fin dall’inizio del Novecento. Nella prima metà del XX secolo hanno provato a proclamare due volte uno stato indipendente, la prima (1934) e la seconda (1944) Repubblica Indipendente del Turkestan orientale. Nel secondo dopoguerra, con l’annessione alla Cina internazionalista e comunista, non hanno mai riconosciuto l’autorità del governo di Pechino continuando a perseguire sempre una logica di tipo nazionalista e indipendentista, anche su base etnica. L’imponente immigrazione di cinesi Han favorita dal governo centrale non è andata mai a porre dei veri e propri squilibri demografici, riducendo la presenza uigure nello Xinjang, ma piuttosto favorendo l’integrazione. Gli Uiguri sono attualmente una maggioranza relativa, ma non assoluta nella regione. La politica di integrazione è stata sempre osteggiata, sono cioè gli Uiguri a portare avanti da allora la causa indipendentista e non gli Han a non riconoscerli come minoranza culturale, ma di rifiuto all’integrazione sociale e culturale, con manifestazioni di violenza a scopo eversivo e scissionista, che crea problemi al governo centrale.
Da segnalare che questi conflitti sono da sempre sostenuti da movimenti estremisti panturchi e al partito transnazionale del Turkestan, il Movimento islamico del Turkestan orientale e l’organizzazione di liberazione del Turkestan orientale, entrambi, è opportuno segnalarlo, nella lista era delle organizzazioni terroristiche stilata dagli Usa. Queste organizzazioni compiono attacchi contro l’esercito, gli abitanti di etnia Han e gli uffici governativi. Pechino li ritiene responsabili degli attentati che nell’agosto scorso hanno insanguinato la vigilia olimpica.
La cultura uigure, tradizionalmente seminomade, pastorale, ha reagito con violenze e boicottaggi allo sviluppo economico della regione e per questo motivo esponenti del movimento sono stati arrestati nel corso degli ultimi sessant’anni.
Questo articolo sulla Stampa riporta un dato molto interessante. Nel 1979, miliziani islamici uiguri vennero inviati sia da Pechino che dagli Stati Uniti a combattere contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Negli ultimi anni, la Cina ha denunciato affiliazioni di questi con al Qaeda e Bin Laden. Alcuni di loro sono stati effettivamente fermati e arrestati da militari Usa a partire dal 2002, imprigionati a Guantanamo e poi trasferiti in Albania o alle Bermuda.
E’ in quel periodo che gli attacchi degli indipendentisti e la repressione di Pechino si sono intensificati. L’attuale situazione è dunque figlia di un complesso quadro geopolitico legato al vicino Afghanistan. I fatti del 5 luglio 2021, sono legati al vuoto politico venutosi a creare nella regione afghana. La regione sudoccidentale dello Xinjang confina infatti con il cosiddetto ‘corridoio’ afghano tra i due stati, un confine brevissimo ma strategicamente fondamentale.
Li Zaili 2018, ‘Bitter Winter’, (Sulla controversa questione dei ‘campi per Uiguri’)
L’intellettuale di estrema destra Massimo Introvigne e fondatore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUr) ha diffuso nel blog da lui stesso curato, dal titolo ‘Bitter Winter’, un video ripreso da fonte ignota, che sostiene di filmare un campo di rieducazione delle Xinjang. Il video mostra un carcere vuoto con annesso istituto d’istruzione e campo di lavoro. L’autore dell’articolo è un portavoce del movimento Uigure. Sappiamo che i campi di rieducazione sono stati formalmente aboliti nel 2013, ma non sappiamo come sono stati riconvertiti, o da cosa siano stati sostituiti e le riprese di questo video sono decontestualizzate. Per il momento la Cina nega l’esistenza dei campi di rieducazione tradizionalmente intesi.
‘AKI Press, 7 Febbraio 2018, Consul General of China denies reports on ‘political education camps for Uyghurs’ in China’s Xinjiang, Consul General of China in Almaty Zhang Wei denied the reports on alleged “political education camps” for Uyghur Muslims in Xinjiang…
New Evidence for China’s Political Re-Education Campaign in Xinjiang
Publication: China Brief Volume: 18 Issue: 10
By: Adrian Zenz, May 15, 2018 07:00 AM Age: 4 years
Adrian Zenz è un ricercatore e PhD supervisor alla Scuola Europea di Cultura e Religione, istituto di Korntal, Germania. La sua ricerca è focalizzata nella politica etnica cinese rispetto alla questione uigure e tibetana. L’articolo qui riportato è dunque di parte filo-uigure.
L’articolo è il sunto di una ricerca più ampia, che si può trovare qui. In questo articolo si parla di campi di rieducazione in cui i detenuti sarebbero trattenuti senza processo e ricorso, quest’informazione è in effetti molto difficile da controllare non avendo accesso ai dati dei processi e dunque non potendo emettere noi un giudizio sull’operato della magistratura cinese, si tratta dunque di un’illazione allo stato attuale delle indagini. Questo articolo sostiene che vi siano prove documentarie di questi campi, ma che sia impossibile valutare il numero effettivo di detenuti, poche centinaia come più di un milione. Nessuna di queste affermazioni è tuttavia corroborata dalla documentazione che attesti effettivamente l’esistenza e l’attività di questi campi, o le attività che si svolgerebbero al loro interno.
Il sistema dei campi di rieducazione cinesi è stato formalmente abolito nel 2013. Le riprese in un carcere vuoto dunque, potrebbero essere del tutto insignificanti poiché documenterebbero l’esistenza di una infrastruttura, ma non la sua effettiva attività al momento in cui la sequenza viene divulgata. La stampa cinese parla a partire dal 2014 di uno sforzo per la de-extremification operato a livello dei villaggi, delle contee e dei comuni, attraverso il sistema dell’educazione; un ramificato e complesso sistema con questa funzione è menzionato in una ricerca governativa del 2017, dal quale probabilmente sono partite le supposizioni circa l’esistenza di questi campi. Nel 2015 tuttavia un articolo tratto dal Giornale della Società Armoniosa, parla di strutture speciali per la trasformazione attraverso l’educazione degli estremisti.
Un’altra ricerca dallo stesso giornale risalente al 2017 raccomanda la creazione di centri di trasformazione attraverso l’educazione in tutte le prefetture e contee dello Xinjang, suddividendoli in tre tipologie di intervento: campi di rieducazione, scuole di educazione alla legge, e centri di trasformazione attraverso l’educazione. ll governo stesso ne conferma la costruzione e spiega che sarebbero parte di nuovi sistemi ch eospiterebbero anche centri di detenzione, stazioni di polizia, ospedali e supermercati.
Nel 2017 Karamay nel nord dello Xinjang, menziona recutamento di personale per 110 centri di rieducazione e 248 ufficiali delle stazioni di polizia per la trasformazione attraverso l’educazione. Per questo tipo di impiego non è richiesto un titolo di studio particolare, ma conformità ideologica, esperienza in qualche forza armata o in polizia. Sono tutte informazioni che aiutano senz’altro a far luce sulla crisi interna, ma assolutamente incomparabili alle accuse della propaganda internazionale che parla addirittura di ‘Olocausto’.
Le relazioni indicano che queste strutture potrebbero essere state costruite come implementazion o ristrutturazioni con ampliamento di vecchie strutture, attrezzate anche per una detenzione di lungo periodo. Alcuni tra i documenti citati parlano di mura che circondano le strutture, sistemi di sicurezza, sbarre alle finestre e cosi via. Nei documenti si parlerebbe anche di somme ingenti messe a bilancio per acquistare l’equipaggiamento necessario, ma non menziona dati circa le modalità di arresto, le pene detentive, le attività che si svolgerebbero in queste strutture.
In conclusione, questo articolo riporta e documenta una fuga di informazioni inerente lo sforzo di de-estremizzazione della politica nello Xinjang attraverso centri trasformazione attraverso l’educazione. Alcuni di questi centri prevedono sistemi di sicurezza, del tutto compatibili con il pericolo rapprrsentato dalle tensioni in atto. Tuttavia non documenta né le ipotetiche detenzioni illegali, di cui al momento non v’è traccia e sulle quali non abbiamo alcun documento di supporto, né tantomento di una pulizia etnica paragonabile all’Olocausto nazista, come afferma la propaganda internazionale.
Si tratta piuttosto di un’intensa campagna con la quale la Cina tenta di porre un freno alle spinte eversive e separatiste da parte di popolazioni che da sessant’anni manifestano forti tendenze cospirative e indipendentiste, con episodi anche delittuosi come nel caso dei 150 cittadini Han assassinati nel 2014 o dalle donne stuprate nel 2009.
‘SkyTg24, 27 Novembre 2019, TikTok finge tutorial di make up per parlare dei lager in Cina e beffa la censura.
Protagonista del video è una adolescente statunitense. Si chiama Feroza Aziz e denuncia le violazioni della libertà della minoranza musulmana uiguru in Cina. Il suo account è stato chiuso.
“Ho realizzato un video sulla situazione in Cina, su come il governo catturi musulmani uiguri e li deporti nei campi di concentramento. Una volta entrato, esci solo se sei fortunato. Persone innocenti vengono assassinate, torturate, violentate, sottoposte a terapie d’urto. E’ in atto un genocidio contro i musulmani”. E a chi si chiede cosa possiamo fare noi, seduti comodamente sui nostri divani, Feroza Aziz risponde: “Abbiamo il dovere di diffondere queste informazioni e la tecnologia ci è di aiuto. Non possiamo tacere davanti a un altro olocausto”.
Nel video di Feroza Aziz è assente qualsiasi prova documentaria di quanto la ragazza afferma. Il successo virale del video in un tempo così rapido non è giustificabile con un semplice passaparola, ma siamo chiaramente di fronte a un’investimento della propaganda statunitense per la viralizzazione forzata della sequenza filmata. Il video è successivo alla pubblicazione del dossier sul New York Times e rientra a pieno titolo nella comunicazione di massa partita dagli Stati Uniti.
Sicuramente il paragone con l’Olocausto è storicamente irricevibile, per numeri ed entità dei fatti attualmente documentabili. La giovane influencer americana dal punto di vista della comunicazione, svolge qui la funzione di ‘brand ambassador’ della propaganda anticinese nel proprio paese.
‘SkyTg24’, 28 Novembre 2019, Cina, chi sono gli uiguri e perché vengono perseguitati e repressi
Nell’articolo si fa riferimento a un dossier pubblicato dal New York Times, più di 400 pagine presentate come fuga di notizie sfuggite alla censura di Pechino, nel quale sarebbero documentati atti intimidatori, violenze e detenzione illegale che questa minoranza sostiene di aver subito. Si dovrebbe poter verificare il contenuto di queste affermazioni contenute nel dossier, per potersi fare un’idea critica di quanto stia accadendo.
Nel dossier del New York Times è contenuta una dichiarazione del presidente Xi Jinping rilasciata nel 2014 poche settimane dopo che alcuni militanti uiguri avevano accoltellato 150 persone. In seguito a questi fatti, di una gravità inaudita, il governo cinese ha iniziato a inasprire i controlli ed è partita l’attuale politica governativa contro il terrorismo, le infiltrazioni e il separatismo. Ovviamente non possiamo sapere come stiano le cose realmente, ma possiamo collocare correttamente le nostre fonti per renderci conto che sappiamo assai meno di quanto vorremmo e che l’attuale campagna mediatica sulla questione uigure è tutt’altro che lineare.
Redazione ‘Giornale Diplomatico’, 1 Aprile 2021, Ambasciata Cina su massacro Uiguri: “Bugie, non fermeranno sviluppo Cina”.
Gli Stati Uniti hanno accusato la Cina di essere responsabile del massacro degli Uiguri. Il colosso asiatico ha però fatto orecchie da mercante. Ma ad intervenire è stata l’Ambasciata di Cina in Italia. Tramite un post sui social, la rappresentanza diplomatica di Pechino ha fatto sapere che “il genocidio degli Uiguri è la bugia del secolo”. E ancora: “I fatti sono la miglior confutazione agli attacchi anti-cinesi. Non importa quanto si cerchi di inventare fake news e di seminare discordia, non destabilizzeranno Xinjiang né fermeranno lo sviluppo della Cina”.
‘Parlamento Europeo’, 4 Settembre 2009, La leader degli Uiguri al Parlamento Europeo
Dalla relazione sul sito del Parlamento Europeo si può soltanto evincere che la rappresentante diplomatica degli Uiguri rebiya Kadeer, già imprenditrice di successo e iscritta al partito radicale italiano da quando Pannella e la Bonino si sono interessati al caso del conflitto etnico interno alla Cina, si è rivolta alla Commissione Diritti Umani della UE per chiedere l’apertura di un’inchiesta su fatti dello scorso 5 luglio. Gli scontri dell’estate scorsa avrebbero causato 200 morti e 2000 feriti e lei stessa è accusata dal governo cinese di aver ispirato la ribellione.
Rebiya Kadeer condanna in questo appello l’uso della violenza non solo dalla parte della Cina ma anche da parte uigure, questo è un dato fondamentale che la stampa internazionale tende a tralasciare. Ciò che sta chiedendo l’ambasciatrice di quello che è fondamentalmente un movimento religioso, è di sedere al tavolo delle trattative con lei e il Dalai Lama per quanto riguarda queste due minoranze religiose. Lamenta discriminazioni culturali, linguistiche, integrazioni forzate e resistenza culturale. Declina ogni collegamento tra Uiguri e Al Qaeda.
In sostanza, se dovessimo applicare al caso del conflitto tra Uiguri e governo cinese lo stesso principio della presunzione d’innocenza valido per i cittadini italiani, che impone cautela nella comunicazione di informazioni inerenti su un processo in corso, dovremmo limitarci ad affermare che un’intellettuale cinese, attualmente accusata di aver ispirato un movimento separatista su base etnica, nazionalistica e religiosa, è venuta a chiedere alla Commissione Diritti Umani di un parlamento esterno a quello cinese che vengano svolte pressioni sulla Cina per l’apertura di un’inchiesta internazionale. Quest’inchiesta tuttavia non è ancora partita, non abbiamo alcuna sentenza né dati certi su quanto affermato dall’ambasciatrice e dovremmo limitarci ad affermare quel che possiamo documentare. Attendiamo nuovi sviluppi.
Di certo però abbiamo un dato non rilevante. La portavoce di questo movimento Uigure, si sta inserendo in una crisi diplomatica già in atto contribuendo ad aggravare tensioni in corso tra Cina, Europa e Stati Uniti. Sta cioè sfruttando le tensioni internazionali, aggravandole, contro il governo del proprio stesso paese. Non abbiamo per il momento altre informazioni documentabili a riguardo.