Sogni letterari. L’aquila dalle penne d’oro sul monte Purgatorio.
L’aquila dalle penne d’oro
sul monte Purgario
Un sogno di Dante Alighieri
nella Divina Commedia
In collaborazione con
Universo Sogni
In sogno mi parea veder sospesa
un’aguglia nel ciel con penne d’oro,
con l’ali aperte e a calare intesa;
ed esser mi parea là dove fuoro
abbandonati i suoi da Ganimede,
quando fu ratto al sommo consistoro.
Fra me pensava: ‘Forse questa fiede
pur qui per uso, e forse d’altro loco
disdegna di portarne suso in piede’.
Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso infino al foco.
Ivi parea che ella e io ardesse;
e sì lo ‘ncendio imaginato cosse,
che convenne che ‘l sonno si rompesse.
Dante, Purg. IX, 19-33
Il sogno di oggi
Mentre l’alba rischiara il cielo a oriente nell’emisfero boreale, con la costellazione dello Scorpione di fronte ad essa, nel Purgatorio è notte fonda e Dante Alighieri, affaticato per la fatica di trascinare il proprio corpo in carne e ossa attraverso tutto l’inferno, si sdraia nella valletta che precede l’ingresso al monte Purgatorio e si addormenta. Verso l’alba è sorpreso da un sogno molto vivido nel quale un’aquila dalle penne d’oro volteggia sopra di lui e sembra sul punto di scendere a ghermirlo con i suoi artigli rapaci. Dante nel sogno pensa di essere sul monte Ida, là dove Ganimede fu rapito da Giove in forma di aquila, un riferimento che per la sua collocazione nel poema e per il modo in cui viene espresso, sottende un doppio senso quasi osceno dal momento che il povero Ganimede nel mito fu letteralmente stuprato dal nume. Il poeta qui si direbbe visibilmente preoccupato, alla vista dell’uccello dalle piume dorate, apprensione tutto sommato comprensibile. Poi però nel sogno la visione cambia registro, l’aquila piomba su di lui e lo rapisce ma non per sedurlo, bensì trascinandolo con sé oltre la sfera del fuoco, dove gli sembra di bruciare. Dante si sveglia dal dolore assolutamente realistico.