Podcast sogni. La sindrome di Cassandra.
La sindrome
di Cassandra
Podcast sogni n.7
F. Berti, Libro dei sogni
“Buona sera, sono quattro notti che faccio lo stesso sogno, salgo in macchina, accendo la vettura, viaggio, la macchina funziona benissimo, ma nel quadro generale si accendono tute le luci. Queste luci hanno forme strane, sembrano tanti piccoli bambini deformi, mi reco da vari meccanici e tutti mi dicono la stessa cosa, che cioè solo io vedo queste spie accese, non le vede nessun altro. Eppure sono lì nel riquadro.”
Un antico proverbio diceva che in paradiso non si va in carrozza, a ricordare la differenza sociale tra chi si sposta solo a piedi e chi poteva permettersi un mezzo di trasporto. Il privilegio del cavallo che distingue il cavaliere. Oggi noi forse non ci facciamo più caso, perché in tutte le famiglie c’è almeno un’automobile, molto spesso due, tre quando i figli diventano grandi. Non pensiamo che vi sono milioni di persone nel mondo costrette a muoversi ancora a piedi, perché l’automobile non possono permettersela. Mentre noi dormiamo nei nostri letti di lana, c’è qualcuno che attraversa a piedi un deserto. L’automobile è il simbolo di quel benessere che ormai diamo per scontato, ma qualcosa ogni tanto viene a ricordarci che non sarà sempre così. La spia si accende sopra una moltitudine di bambini deformi, tradizionalmente simbolo di preoccupazioni, problemi da chiarire, sensi di colpa, rimorsi tardivi, intrighi e sotterfugi. Sotto il velo dell’apparenza è sempre in agguato una realtà diversa, che forse avevamo perso di vista ma che torna a ricordarci la nostra fragilità. Se poi nel sogno siamo solo noi a vederle, queste spie accese, allora è al mito di Cassandra che stiamo tornando più o meno consapevolmente: la principessa di Troia che ricevette da Apollo il dono della profezia, ma si negò all’amore del dio suscitando il lui lo sdegno. Apollo sputa sulle labbra di Cassandra e la maledice, condannandola ad essere inascoltata. Avremmo da dire molte cose alle persone che abbiamo intorno, ma la sensazione è che le nostre parole cadano nel disinteresse. quelle spie le vediamo solo noi, dalla sapienza alla follia il passo è più breve di quanto non si pensi. Un po’ come nel mito platonico della caverna. Teniamo per noi quel che ancora non è tempo di condividere, parliamo solo quando pensiamo che l’altro possa capire.