Re Mancorta rifiuta le grazie di una ninfa e si ubriaca sulla riva del fiume Pattolo, viene risvegliato dal canto di una civetta, che lo osserva appollaiata sopra il manico di una spada in bronzo conficcata in un sasso. Sotto le mentite spoglie dell’uccello, si nasconde in realtà la dea Athena, che gli offre un dono una spada di bronzo in cambio della sua pelliccia dorata. Leggi l’episodio precedente.
XII. Nel dir così gli dava certe occhiate da far venire i brividi alla pelle ma quel somaro neanche l’ha notate, il culo si grattava e le budelle. “La gradirei se voi servir mi fate un’anfora da quelle vostre ancelle, che sia riempita con del vino trace io non vi so ridir quanto mi piace!”
XIII. Un po’ meravigliata ella si tace e poi con una smorfia quasi offesa fa cenno a quello stupido incapace di rimanere un attimo in attesa. “Non mi sembrate alquanto pertinace con voi non serve ricercar l’intesa, là sul pietroso ciglio della riva andatevi a cavar la sete viva!”.
XIV. Ciò detto la creatura scompariva lasciando all’altro un’anfora fatata che bevi e bevi mai non si esauriva da qualche genio sempre ricolmata. Il re caldeo di molto ne gioiva ed ogni tanto dava una sorsata finché non fu ridotto all’impotenza cadendo in terra per la sonnolenza.
XV. Inebriato dalla dolce essenza sotto una quercia lui se la dormiva ruttando senza garbo né decenza, mentre dal cielo il sole dipartiva. Del freddo s’avvertiva la presenza, l’umidità le membra irrigidiva, insieme a qualche rana canterina, si sente mormorare una vocina.
XVI. Con espressione vaga e sibillina appollaiata vide in quel momento sul ramo una civetta piccolina che aveva gli occhi blu e le piume argento. Lei disse: “Chi è mai questa personcina dal fare insonnolito e poco attento, Non siete il re munifico e facondo di cui si parla tanto in tutto il mondo?”
XVII Rispose allora lui: “Non vi nascondo ormai la fama ovunque mi precede: possiedo un patrimonio senza fondo secondo solo al Dio che tutto vede”. Così diceva il re tronfio e giocondo ma lei con voce stridula gli chiede: “Oggetto allor sarete d’ogni oltraggio, di ladrocinio, truffa e brigantaggio!”
XVIII. E lui: “E’ un miserevole svantaggio, per l’aristocrazia dei facoltosi, del nostro avere far buon rimessaggio e non tirarci dietro gli invidiosi. Come la mosca sciama all’arrembaggio sul miele di cui tutti son golosi, così i ladroni seguono la brezza ovunque soffi un vento di ricchezza.”
XIX. Parlò l’uccello allora con chiarezza: “Vorrei invitarvi a una contrattazione: perché sia ben difesa la fortezza, io vi propongo un’arma d’eccezione. Mi basta poco più d’una sciocchezza, quella dorata pelle di montone che ancora adesso giace al vostro lato con cui il tesoro vostro fu creato”.
XX. Lo sguardo del sovrano s’è abbassato poco distante conficcata in terra notò una spada in bronzo decorato col segno del valor tenuto in guerra. “Codesto oggetto a me pare antiquato! Non regge il primo colpo che si sferra poiché le armi al giorno d’oggi è d’uso forgiarle in ferro, non col bronzo fuso!”