L’uomo coccodrillo tra mito, realtà e leggende metropolitane
L’uomo coccodrillo
Mito e realtà di una figura simbolo
di tradimento e morte
I coccodrilli di Anteopoli
Plutarco, De sollertia animalorum, XXIII
“I coccodrilli sacri appartenenti ai sacerdoti non solo riconoscono le loro voci quando li chiamano, tollerando di farsi toccare, ma per giunta spalancano le loro bocche per permettere che i denti vengano puliti dalle mani di quelli e strofinati con pezze di lino. Recentemente poi, il mio carissimo amico Filino, che è venuto a trovarmi al ritorno da un viaggio in Egitto, mi ha raccontato di aver visto ad Anteopoli una vecchia su una amaca con un coccodrillo che le si era comodamente accucciato accanto. È poi da molto tempo che gira la storia relativa al coccodrillo sacro del re Tolomeo, di cui si dice che non aveva voluto rispondere ai suoi richiami e non aveva ascoltato le sue insistenti preghiere. Secondo i sacerdoti, l’animale aveva presagito la morte del sovrano, che effettivamente avvenne non molto tempo dopo”.
MITO E REALTA’
Il fenomeno della lacrimazione durante la digestione dei coccodrilli era stato già osservato da mercanti e viaggiatori del XIII secolo, come riportano lo scrittore John Mandeville e altri suoi contemporanei, oggi noi sappiamo che le lacrime servono all’anfibio per lubrificare gli occhi e la palpebra interna, ma anche per espellere i sali purificando il suo corpo, dal momento che la corazza gli impedisce la sudorazione. In realtà la presunta ferocia di questo animale è smentita dai molti casi di domesticazione sia in epoca recente, sia nell’antichità. La storia del costaricano Chito e del coccodrillo Pocho nel noto documentario del National Geographic ha commosso il mondo, anche se l’uomo coinvolgeva l’animale in spettacoli circensi, non era insomma del tutto disinteressato. Il filmato è di grande interesse per comprendere meglio come avviene la comunicazione con questo animale e fino a che punto può spingersi la familiarità.
Una donna di nome Vicki Lowing addirittura ne alleva cinque nella periferia di Melbourne in Australia, se li tiene in braccio sul divano mentre guarda la televisione, li porta a spasso con un guinzaglio rigido e fuori dal suo giardino ha messo un cartello normalmente usato per la segnalazione di luoghi inadatti alla balneazione, “Danger, Crocodiles!“. Vanno a deporre le uova sul suo letto, li addomestica come fossero cani e gatti insegnando loro comandi elementari. Iniziò quando aveva solo quattro anni con le lucertole, poi passò ai serpenti e infine a questi feroci predatori, inutile dire che anche lei riceve molti visitatori, la sua attività richiede una licenza specifica, è sostenuta da fondi pubblici e privati, lei per prima mette in guardia gli eccentrici spiegando che non sono come pitbulls o altri animali domestici, richiedono una competenza e un rapporto professionale.
NELL’ANTICHITA’
La leggenda degli alligatori nelle fogne ha origini europee nelle molte leggende legate agli esemplari che tuttora si trovano esposti nelle chiese e nei mercati come simbolo del male primigenio, ma a quanto pare la domesticazione di questo animale è nota fin dall’antichità. Come ricorda Plutarco nella citazione che ho posto in apertura del presente articolo, nell’antico Egitto il coccodrillo era venerato come un dio: al culto di Sobek, radicato nella cultura egizia fin da 2600 anni prima di Cristo e ancora vivo all’epoca dei Tolomei, avevano dedicato un’intera città dove nella vasca sacra si teneva per l’appunto uno di questo animali ornato con gioielli e pietre preziose. Lo si raffigurava sia in forma animale, sia come un uomo con la testa di coccodrillo, era associato alla potenza sessuale e alla fertilità. Nel medio regno venne messo in relazione con la figura di Horus ed entrò in profonda relazione con Iside, che secondo il mito aiutava a ricomporre il corpo di Osiride. La città di Arsinoe diventerà un centro fiorente di cultura cristiana fino alla conquista araba del 642 d.C.
DA SOBEK A CRISTO
Sobek era temuto per la naturale ferocia che ne caratterizza la specie, ma la premura con cui normalmente un coccodrillo si prende cura della prole, trasportandola in bocca o sul dorso, lo riporta nella sfera dell’amore, dal medio regno in poi il dio veniva spesso invocato per ottenere una guarigione, come il serpente d’Ippocrate simbolo tuttora dell’arte farmaceutica. Nel periodo tardo dell’Egitto era destinatario di numerose offerte votive, la pratica dell’imbalsamazione divenne sempre più frequente fino ai primi secoli dell’era cristiana, quando con la distruzione dei templi sotto il regno di Teodosio la bestia divenne per l’appunto simbolo del male, simile al drago dell’Apocalisse e per questo motivo associato molto presto a figure come l’arcangelo Michele e san Giorgio. Gli esemplari che vediamo imbalsamati nelle chiese, dei quali ho parlato in questo articolo sulla leggenda degli alligatori nelle fogne, erano per l’appunto coccodrilli del Nilo, venivano dall’Egitto.
LA RELIQUIA DEL DRAGO
La domesticazione del coccodrillo era dunque nota agli antichi, aveva una sua ragion d’essere nel politeismo precristiano e la familiarità di queste pratiche rituali nel mondo greco-latino dimostra che non era ignota agli europei. Troviamo del resto nei primi secoli dell’era cristiana leggende di santi che bonificano paludi infestate da rettili immondi e feroci anfibi, non dubitiamo che qualcuno possa aver dato spettacolo dal vivo con alligatori addomesticati per rappresentare l’uccisione del drago e la bonifica del male da un luogo insalubre, ma qui entriamo in un argomento assai più delicato al quale mi ripropongo di dedicare un approfondimento specifico.