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Le tasse dei cantastorie. Intervista al dottor Gianpaolo Borghi, Direttore del Centro Etnografico (Fe)

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Gianpaolo Borghi, Direttore del Centro Etnografico Ferrarese, intervistato sul tema del rapporto fra cantastorie, artisti di strada e oneri fiscali.

Fisco e cantastorie

Intervista a G. Borghi,
direttore del Centro
Etnografico Ferrarese

Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada non sono mendicanti

Parliamo con il direttore del Centro Etnografico Ferrarese dott. Gianpaolo Borghi, del complesso rapporto fra cantastorie e fisco nel XX secolo. L’intervistato è autore di numerosi libri e ha raccolto per cinquant’anni le testimonianze degli artisti di strada che hanno vissuto il ventennio fascista e gli anni del dopoguerra. L’intervista s’inserisce in un quadro più ampio, dove si tratta il problema del rapporto fra l’agenzia delle entrate e gli artisti di strada contemporanei. Il dottor Borghi riporta il punto di vista dei cantastorie italiani che hanno esercitato professionalmente l’attività fino agli anni ’70. Gli stessi riservati a tutti i contribuenti. In primo luogo c’era il contributo per l’iscrizione al registro di suonatori ambulanti con certificazione da rinnovare annualmente, il pagamento del cosiddetto plateatico ovvero il suolo pubblico, non dappertutto ma in buona parte d’Italia. Ogni artista di strada era poi soggetto alla tassa famiglia, un’imposta sul reddito rimasta fin verso gli anni ’70 del ‘900, poi sostituita dall’IRPEF, veniva contrattata per ogni singola posizione negli uffici comunali delle imposte e applicata in percentuale sul reddito presunto in base ad un calcolo in contraddittorio tra funzionario comunale e contribuente, variava dallo 0.50 al 7% in accordo con un tariffario degli stipendi; le tabelle erano identiche a livello nazionale. Ciascun comune aveva però discrezione sul come applicarle, poi bisogna considerare che gli “ambulanti” in generale venivano disprezzati dai funzionari. Ne erano esentati gli iscritti all’elenco dei poveri ovviamente, non è detto che qualche cantastorie non fosse iscritto a quell’elenco; se però avessero avuto qualche pensione (guerra, invalidità ecc.) allora ricadevano nella legge. Il controllo sulla reale condizione di indigenza per chi chiedeva l’elemosina valeva anche un tempo, rischiavi di cadere nell’accattonaggio abusivo. Oppure potevi essere arrestato per oziosità o vagabondaggio, accuse a discrezione della polizia, dei vigilanti di turno… (Continua a leggere)

Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada non sono mendicanti

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