Il cantastorie Piazza Marino. Gli anziani raccontano. Interviste in casa di riposo.

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Cantastorie

Piazza Marino e gli altri

Gli anziani raccontano
Interviste in casa di riposo

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Ci svegliavamo presto apposta

“Mio padre non sapeva leggere né scrivere però le canzoni appena sentite una volta o due il giorno dopo le sapeva per intero eccome, dall’inizio alla fine. Quei balli che facevano li fischiava, era un ballerino. Quante ne sapeva? E chi lo sa. Al sabato mattina andavamo a pascolar le mucche presto apposta perché dopo s’andava al mercato di Porretta, da Marano di Gaggio son dodici chilometri con un rubicone di quelli dei bersaglieri che avevano la ruota piena davanti, ce l’eravamo trovata là una volta che i caccia americani mitragliarono una colonna di fascisti. Noi ci svegliavamo prima per andare fin là a sentire un cantastorie, l’han sempre chiamato Piazza Marino, allora s’imparavano subito da loro; ogni tre o quattro canzoni passavano a vendere quei fogli grandi che stampavano, ora non mi ricordo quanto costavano forse quattro soldi o mezza lira, mi pare delle volte fosse un’offerta libera che sotto un certo prezzo non andava, sempre che ne avevi perché allora soldi non ce n’era così dovevi impararle a memoria. Buono e spesso mi bastava una volta sola. Magari poi in piazza la cantavano anche due o tre volte nella stessa mattina, loro avevano un repertorio cominciavano da una parte e arrivavano alla fine, poi da capo. Sul foglio c’erano sopra anche cinque o sei testi sicché li metti in fila con due barzellette, una suonata, passava anche un’oretta. Con lui mi ricordo uno basso e brutto che incontrarlo di notte c’era da darci il portafoglio, non cantava ma faceva la macchietta; vendeva anche oggetti vari, lamette da barba ma non solo. Dalle mie parti a Bologna uno faceva il calzolaio, più che altro scarpe da bambino allora mio padre che aveva il negozio le comperava da lui, una volta gli disse di fare l’ordine più consistente che era l’ultima, andando in piazza a vendere s’era accorto che guadagnava il doppio colle canzoni. Qui a Monghidoro passava uno col pappagallo e i biglietti della fortuna, cantava all’antica ma io andavo più che altro a sentire dei valzer, delle polche, perché a me piaceva di ballare, mio nonno era un suonatore. Bisogna pensare che ogni mercato era una fiera, solo che ai primi tempi nessuno aveva i soldi allora non andavi tanto a comprare. Ogni volta che ritornava il cantastorie portava qualcosa di nuovo, ne aveva imparate due o tre, aveva stampato un altro foglio, sa cosa le dico? Erano più intelligenti allora di adesso, quando c’era Sanremo il giorno dopo uno qui in paese le aveva già in testa e le sapeva fare alla fisarmonica, era bravissimo la gente andava a ballare. Erano analfabeti, ma capivano di più”.

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