Turetta? Un pivello. Cade l’aggravante della crudeltà
Non abbastanza crudele per la sentenza.
Turetta marchiato dall’infamia della mediocrità.
Non riesce ad aggiudicarsi le aggravanti della crudeltà e dello stalking
VENEZIA – Filippo Turetta, condannato all’ergastolo per l’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, è stato giudicato più che per la gravità del gesto, per la totale mancanza di estro. La sentenza della Corte d’Assise di Venezia ha infatti escluso le aggravanti di crudeltà e stalking, sottolineando come il giovane non sia stato in grado di portare il suo crimine oltre la banalità del male.
“La crudeltà? Non si vede. Settantacinque coltellate saranno anche rispettabili da un punto di vista quantitativo, ma inaccettabili dal punto di vista qualitativo. Ripetitivo, noioso, manca di fantasia. Poca originalità, nessuna tensione narrativa. Lo stalking? Troppo classico. Centinaia di messaggi? Ormai lo fanno tutti, persino gli spammer delle criptovalute. Filippo Turetta è un dilettante in un mondo che richiede innovazione,” ha dichiarato il magistrato veneziano Massimo Della Pena
L’ergastolo della mediocrità
Che futuro ha un criminale che non eccelle nemmeno nel male? Per il tribunale, la risposta è chiara: l’ergastolo è l’unica pena adatta per una tanto smaccata e intollerabile mancanza di talento, anche per rispetto alla memoria dei grandi assassini del passato.
“Filippo non sarà mai ricordato come un genio del crimine. Se voleva davvero lasciare il segno, doveva ispirarsi a personalità carismatiche, a chi ha saputo coniugare crudeltà e teatralità. Invece no: lui si è limitato a un gesto grossolano, senza stile, senza anima,” ha dichiarato il noto criminologo della Sorbona, professor Orazio Sanguinetti, specializzato in casi di “delitti a metà”, non ha esitato a esprimere il suo parere sul caso Turetta: “Per dirla con un termine tecnico: è un killer da discount.”
Orazio Sanguinetti, autore del bestseller “Crimini mediocri: quando il male non basta”, ha rincarato la dose con la sua celebre ironia accademica: “Se vuoi essere crudele, devi essere memorabile. Filippo non è riuscito nel suo intento di massimizzare la crudeltà e l’assillo. È come se avesse provato a fare un dipinto con un rullo da imbianchino.”
I giudici apprezzano lo sforzo, ma non basta
Nonostante l’esclusione delle aggravanti, la Corte ha riconosciuto un minimo impegno. “Le 75 coltellate mostrano un tentativo di dedizione, ma è mancata la regia. Nessun elemento sorprendente, nessuna trovata scenica. Si nota la voglia di fare, ma è un lavoro da principiante”. Gli esperti concordano: Turetta è il simbolo di una generazione di criminali poco ambiziosi. “Non ha cercato di distinguersi, non ha osato.
Reazioni impietose nei social
La sentenza ha scatenato un’onda di commenti sarcastici online. “Filippo, ci hai delusi,” ha twittato un utente. “Altri hanno suggerito che il giovane dovrebbe dedicarsi a corsi di perfezionamento per migliorare il curriculum criminale. “Solo 75 coltellate, che banalità!”.
Il dramma interiore di Turetta dopo la sentenza
Nel frattempo l’assassino è distrutto psicologicamente. “Non sono abbastanza nemmeno come mostro”. Condannato all’ergastolo, Filippo Turetta non piange per la pena inflitta, ma per ciò che non è riuscito a ottenere: il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking. Un desiderio frustrato, che lo ha gettato in una spirale di auto-commiserazione e disperazione.
Secondo fonti vicine al carcere di Verona, dove Turetta è detenuto, il giovane avrebbe passato la notte post-sentenza fissando il soffitto della cella, sussurrando tra sé e sé: “Settantacinque coltellate non sono bastate. Dove ho sbagliato, per la miseria?”
Un fallimento che pesa
Secondo alcune indiscrezioni, avrebbe persino chiesto ai giudici di riconsiderare le aggravanti. Gli psicologi del carcere avrebbero sottolineato come il giovane soffra di un grave complesso di inferiorità rispetto ai grandi criminali del passato. “Si sente un pivello e questo lo sta distruggendo psicologicamente,” ha spiegato uno degli esperti, Aleandro Cianciulli, docente di Psicologia Criminale all’Università di Reggio Emilia.
Nel frattempo, Turetta trascorrerà il resto della vita in carcere, con la consapevolezza di essere ricordato non per il suo gesto, ma non aver conseguito l’ambita qualifica.