L’albero della vita e il palazzo della memoria.


L’albero della vita e
il palazzo della memoria

Articolo di Federico Berti

Buonasera a tutti e benvenuti nel podcast dedicato all’arte della memoria e alla narrazione combinatoria. In questo episodio risponderemo in particolare a Daniela Colavitti del gruppo Universo Sogni, e a Michele Pelosi del collettivo The Different House, sull’origine del diagramma che ricorre sia nella Dama Bianca e nel Tarocchino dei Sogni, sia nell’applicazione di quello schema all’onirocritica e alla critica letteraria.

Il diagramma viene dall’arte della memoria di Raimondo Lullo e dalla mnemotecnica di Giordano Bruno, serve a costruire quello che gli antichi Greci chiamavano il Palazzo della memoria. In pratica, le singole case di quello che oggi appare come un tabellone per il gioco da tavolo, venivano idealmente compilate come fossero tavole periodiche di simboli, disponendovi sopra dei segni convenzionali: memorizzando le sequenze era possibile non solo acquisire informazioni in modo ordinato e sistematico ma anche riflettervi sopra, osservare le cose da tanti punti di vista. Ruotando gli anelli in modo indipendente l’uno dall’altro infatti, si venivano a creare percorsi di lettura diversi tra le idee riprodotte sul diagramma, era dunque uno strumento di speculazione filosofica. Potremmo considerarlo un lontano parente di quell’arte che nel ‘900 evolverà nella semiotica, lo studio dei segni.



Le ruote di Giordano Bruno e Raimondo Lullo tuttavia non vennero dal nulla, erano a loro volta debitrici verso la mistica ebraica, la figura dei cinque anelli concentrici corrispondeva alla rappresentazione dei Cinque Mondi della cabala che a sua volta riproduceva in forma circolare il cosiddetto Albero sefirotico, un diagramma che organizzava gli insiemi di simboli a gruppi di dieci, disponendoli su tre pilastri verticali. Non entreremo nel merito della vastità di prospettive che questa rappresentazione geometrica può aprire e delle molte chiavi di lettura cui ha dato luogo nel corso dei secoli. Possiamo dire che l’origine di questa figura si attribuisce a un testo ebraico elaborato nell’arco di quasi trecento anni fra il III e il VI secolo dopo Cristo, il Sepher Yetzirah. Un testo sacro alla religione ebraica, serviva all’interpretazione delle sacre scritture, non entriamo per il momento nel merito delle sue elaborate implicazioni mistico-teologiche.

Per quanto la tradizione ebraica, cui attinse lo stesso Dante Alighieri nel concepire la struttura del suo oltre-mondo, sia quella che più ha contribuito fra medioevo e rinascimento all’articolazione degli strumenti cognitivi intorno a questa figura, l’albero della vita come rappresentazione simbolica del cosmo è comune a molte culture e tradizioni, non solo a quella ebraica. La più antica rappresentazione della ruota a cinque anelli col meridiano centrale risale in realtà a 6000 anni prima di Cristo, si trova sui petroglifi molto prima del tempo in cui l’Antico Testamento colloca la salita di Abramo da Ur dei Caldei. Quando compare per la prima volta quel disegno, non esiste nemmeno ancora l’Egitto come stato unitario, non è stata ancora inventata la scrittura. Ritroveremo la stessa figura nel mito platonico dell’Atlantide e nella numerologia pitagorica. Tutto questo per dire che le ruote di Bruno e Lullo affondano le radici nella mistica religiosa, nell’idealismo filosofico e attraverso non sappiamo quali percorsi, si ricollega a qualcosa che sappiamo essere stato rappresentato fin dall’età della pietra.



Sono temi davvero molto vasti, quel che a noi interessa per il momento è il principio della riduzione simbolica, la sintesi estrema dei vasti concetti in sequenze di segni convenzionali che si possano contare sulle dita della mano: un pilastro centrale di 4-5 elementi, due pilastri laterali di 3 elementi. Un palazzo della memoria, un albero della conoscenza. A partire da ognuna delle immagini che compone il disegno si può costruire un nuovo schema fino ad ottenere figurazioni anche molto complesse e articolate, come i cosiddetti Teatri della memoria di cui parlava Giulio Camillo Delminio nel XVI secolo. Questo genere di figurazioni è lo stesso che ha dato luogo ai moderni giochi da tavolo. Due sono gli atteggiamenti ancora oggi rispetto alla rappresentazione visiva dell’albero sefirotico, da un lato quello mistico, in cui si presuppone una sostanziale coincidenza tra l’immagine e il mondo reale, dove cioè l’albero si presume coincida letteralmente con la struttura metafisica del cosmo. In alternativa, l’atteggiamento umanistico riconosce lo schema coma un prodotto della mente umana a imitazione (mimesi) della realtà e quindi, proprio in quanto umano, fallibile, ma non per questo meno utile allo sviluppo della conoscenza. Bruno si pretendeva filosofo, non teologo.

55067-2/Entrambi gli atteggiamenti, quello mistico e quello umanistico, tendono in genere a escludersi l’uno con l’altro, per quanto nella realtà siano sostanzialmente complementari. Là dove il primo segue un procedimento deduttivo a partire da un principio astratto (la divinità) ricavando ogni singolo elemento della realtà (il creato), il secondo segue un procedimento induttivo partendo dall’esperienza sensibile, la nostra percezione della realtà, per risalire alle leggi che la governano (le idee). Il primo parla il linguaggio poetico e visionario della religione, il secondo quello retorico e razionale della filosofia, ma in tutti e due i casi non è che un diagramma, uno schema mentale, un’immagine di memoria, spesso in uno stesso pensatore si ritrovano entrambe i percorsi seguiti in momenti diversi e a scopo diverso. Platone da un lato, Tommaso d’Aquino dall’altro, per fare un esempio. Fin da bambini impariamo usare insiemi e strutture ad albero per riassumere concetti complessi, tendiamo a farlo in modo istintivo seguendo il nostro intuito ed è grazie a quelle figure, di cui abbiamo riempito i nostri quaderno, che abbiamo studiato tante cose. L’arte della memoria consente di elaborare schemi sempre più articolati, sempre più efficaci alla memorizzazione e al ragionamento critico; la narrazione combinatoria è il suo principale strumento di elaborazione critica e condivisione della conoscenza

Spero di aver risposto alle vostre domande e non ho dubbi che questa sintesi estrema possa averne suscitate delle altre. Se è così, vuol dire che è servita a qualcosa. Scrivete in commento i vostri dubbi, le vostre perplessità e ricordatevi sempre che la conoscenza non è un punto d’arrivo, ma il pretesto del viaggio.

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